Il clima che avvolge la Preghiera dei fedeli o universale è quello della supplica. Ognuno di noi si abbandona al Padre e gli apre il cuore, chiedendogli senza riserve aiuto nelle difficoltà del vivere e protezione. Non è il caso di ricorrere a molte parole per ‘spiegare’ al Creatore di ogni cosa il nostro bisogno di lui. Bastano alcuni cenni, ispirati dalla carità e seguiti dal grido che i ciechi di Gerico ci hanno insegnato: “Kyrie, eleison” – che significa (suggerisce il padre Cesare Giraudo SJ): “Làsciati commuovere per noi!”. Gli diciamo: “Signore, guardaci! Guarda i tuoi figli bisognosi…”. Una supplica piena di candore e di affidamento, tant’è che, nelle Liturgie di Gerusalemme dei primissimi secoli del cristianesimo, risuonava dalla bocca dei bambini. Racconta la pellegrina Egeria: “Mentre il diacono pronunzia i nomi legati alle singole intenzioni, vi sono sempre moltissimi piccini, che rispondono Kyrie, eleison[…]; le loro voci sono infinite”. Nella Preghiera dei fedeli, la Chiesa si fa bambina, si riconosce creatura, chiede con umiltà e innocenza l’abbraccio del Padre. Sarebbe molto importante allora che le intenzioni esprimessero (sempre rispettando l’ordine prescritto dall’Orazionale) le necessità concrete del mondo e dei fratelli, che la settimana appena trascorsa ci ha fatto scoprire o intuire.