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Il ministero di lettore

Nella celebrazione della Parola di Dio ogni gesto, suono, movimento si fa segno vivo di Gesù Cristo che, attraverso la voce umana, continua a parlare al suo popolo. Il lettore è il Signore risorto, che trasfigura i più disparati brani tratti dall’Antico e dal Nuovo Testamento e li rende pagine di risurrezione. Certo, è faticoso crederlo, vederlo, capirlo, eppure la più grande norma rituale è proprio la consapevolezza che Mario, Eleonora, Francesco che svolgono il proprio servizio all’ambone sono Cristo stesso che parla alla sua Chiesa. Da ciò dipendono tutte le rigorose prescrizioni liturgiche, ed è a partire dall’immensità di un simile mistero che dovremmo sentirci chiamati a rispettarle con arte, impegno ed entusiasmo. Risulta molto meno fruttuoso, nella preparazione remota dei lettori, sbilanciarsi sulla semplice erudizione, permettendo che si dimentichi la folgorante realtà teologica e spirituale che sta alla base del loro “ufficio”.

In chi svolge nella Liturgia il ministero di lettore è in opera una dinamica divina e proprio per questo è bene che il suo stile sia composto, impersonale, privo di vanità, dignitoso; non impettito o rigido, ma con movenze sobrie, calme, pacate. Bisogna prendere possesso dell’ambone con eleganza, senza gesti nervosi o teatrali, ed evitare al contempo di cercare di passare inosservati aggirando forzosamente la struttura di lato per mostrare una sorta di atteggiamento umile. Salire a leggere la Parola di Dio è un’azione che necessita di visibilità.

In alcune parrocchie, i lettori della prima e seconda lettura e del salmo sono abituati a salire sul presbiterio e a ritornare al posto tutti e tre insieme. Non c’è una regola precisa, tuttavia, dal punto di vista rituale, risultano più eleganti le alternanze. Molte chiese, in base alla disposizione degli spazi, impongono che per raggiungere l’ambone si salga dal centro; in questo caso, il banco va lasciato solo dopo l’“Amen” che chiude l’orazione colletta. Nel momento in cui si giunge in corrispondenza dell’altare – che nella celebrazione è Cristo –, è bene rivolgersi a esso e piegare leggermente il capo (non la schiena) sia all’andata che al ritorno. Lo schema è dunque: centro, salita, inchino di fronte all’altare, ambone, ritorno al centro, ancora inchino per venerare l’altare, discesa. Chi sale lateralmente può invece muoversi già prima che sia conclusa la Colletta e non occorre che faccia inchini rivolti all’altare o alla croce.

I moderni microfoni non richiedono grandi manovre. Se serve regolarli, ci si limiti a un movimento morbido e contenuto, non secco e scattoso. Le mani non vanno tenute giunte, come nel caso dei ministri ordinati, ma posate con naturalezza sull’ambone o sul libro, mai con rigidità o una presa da “Formula 1”. Non si creano pseudorituali personali, non si indugia a sbirciare la pagina prima o quella dopo, non si segue il testo con il dito. Occorre ascoltare il ritorno di ciò che si legge, in modo da calibrare il tono: la Cattedrale è un ambiente ben diverso dalla cappellina delle suore o da una chiesa parrocchiale. Avere l’elasticità di adattare la lettura al contesto è una dote enorme che il lettore dovrebbe maturare.

Rispetto ai foglietti, ai messalini e alle app, si scelga di usare sempre il Lezionario, che offre alcuni aiuti preziosi: sono segnati gli accenti dei termini difficili, ampi spazi bianchi indicano le pause, i capoversi suggeriscono il respiro da dare al brano. Prima di iniziare, è opportuno fare una breve pausa dopo l’annuncio (“Dal libro del profeta Isaia…”), che renda percepibile il passaggio alla proclamazione della Scrittura. Le premesse del Lezionario precisano che la relazione del lettore con l’assemblea avviene attraverso la sua voce e non lo sguardo. Gli occhi si alzano solo per proclamare “Parola di Dio”, e qui si deve avere cura di non allontanarsi subito: il lettore attenderà la risposta dell’assemblea, ascolterà il suo “Rendiamo grazie a Dio”.

L’ambone, elemento eminente nel celebrare, merita un particolare rispetto. Non è un porta-lezionario o un comodo mobiletto, ma il sepolcro spalancato da cui esce l’annuncio della risurrezione. Evitiamo di decorarlo con “presepi pasquali”, allegorie del deserto (con tanto di sabbia e sassi), drappi colorati, immagini della “Madonna di Medjugorie”. Meglio un segno sobrio che ricordi il giardino pasquale, come un piccolo vaso di fiori freschi, con la sua bellezza discreta.

Gianandrea Di Donna

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Dal nuovo volto di Chiesa un nuovo volto di liturgia

È appena stato stampato l’opuscolo che raccoglie il programma delle iniziative culturali promosse dall’Ufficio per la Liturgia, che si concentreranno in modo particolare tra il 7 gennaio e l’8 febbraio 2026. Il mese che di consueto è dedicato alla formazione quest’anno avrà per titolo “Dal nuovo volto di Chiesa un nuovo volto di Liturgia” e offrirà varie esperienze tese a far comprendere l’unità necessaria tra le anime fondamentali dell’agire pastorale della Chiesa: Liturgia, Annuncio e Carità. Riuscire a far sì che esse dialoghino e operino in accordo è uno degli obiettivi prospettati dal recente Sinodo diocesano.

La rassegna “Gennaio alla Liturgia 2026” darà modo di contemplare la “sinfonia ecclesiale” tra Catechesi, Carità e Liturgia attraverso un ciclo di appuntamenti teologici, a Casa Madonnina, con Suor Elena Bosetti, biblista (il 9 gennaio, alle ore 20.45), Don Giuliano Zanchi, direttore della “Rivista del Clero italiano” (il 23 gennaio), e il Vescovo di Novara Monsignor Franco Giulio Brambilla (il 6 febbraio).

L’attenzione non può non essere puntata anche sui ministeri battesimali, chiedendoci di sentire il Battesimo come la fonte del nostro servire il Signore: lì ci è dato l’amore con cui dobbiamo trattare i fratelli. Su questo tema insisteranno, nelle mattine del 10 e del 24 gennaio, Don Gianandrea Di Donna, ad Asiago e a Cittadella, e Don Sebastiano Bertin, a Este e alla chiesa del Sacro Cuore in Padova. Ospite graditissimo sarà Monsignor Riccardo Battocchio, Vescovo di Vittorio Veneto e già segretario speciale del Sinodo dei Vescovi sulla Sinodalità, che sabato 17 gennaio, a Villa Immacolata, dalle 9.30 alle 12.30, analizzerà come dal Battesimo nasca una Chiesa ministeriale.

Non mancheranno poi, giovedì 8, 15, 22 e 29 gennaio, alle 20.45, una serie di lezioni pratiche presso le nuove Collaborazioni pastorali, a cura di un’équipe dei collaboratori dell’Ufficio per la Liturgia, e, nelle sere dei mercoledì, quattro conferenze online sulla vocazione dell’Eucaristia all’Annuncio e alla Carità.

Il programma completo di “Gennaio alla Liturgia 2026” lo si può trovare sul sito dell’Ufficio per la Liturgia: https://liturgia.diocesipadova.it/gennaio-alla-liturgia/.

Anna Valerio

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Incontri per i lettori parrocchiali

Comincerà sabato 29 novembre, presso la chiesa parrocchiale di Prozzolo, il ciclo di incontri di preghiera per i lettori parrocchiali proposto dalla Casa di spiritualità “La Madonnina” di Fiesso d’Artico (in collaborazione con l’Ufficio per la Liturgia). Le altre due date saranno il 14 febbraio e il 18 aprile 2026, rispettivamente a Cazzago e a Vigonovo. Gli incontri dureranno dalle 14.45 alle 17 e vorrebbero essere un’occasione per imparare a celebrare… celebrando. Si tratta di quella “formazione dalla Liturgia” tanto raccomandata come strumento di crescita nella vita di fede e supporto per irrobustire la vocazione ministeriale di chi si pone a servizio della Chiesa.

La Casa di spiritualità animata da Marzia Filippetto ospiterà anche tre giornate in cui i lettori saranno chiamati a compiere un percorso spirituale che partirà dalla riscoperta del proprio Battesimo e approderà a un laboratorio pratico in cui verranno dati suggerimenti, indicazioni, risposte a eventuali dubbi, e ci sarà spazio per provare insieme a migliorarsi. In ognuna di queste giornate intensive verrà invitato un biblista a illustrare il senso e il contesto delle letture del tempo liturgico cui ci si dovrà preparare. Nel primo sabato, il 13 dicembre, Don Marcello Milani si soffermerà sul clima dell’Avvento e del Natale. Il 28 febbraio, la professoressa Roberta Ronchiato prenderà in considerazione la Quaresima e il Tempo di Pasqua. Il 23 maggio, infine, Don Carlo Broccardo aiuterà a entrare nel mistero della Pentecoste e sintetizzerà le caratteristiche dei tre Vangeli sinottici nel Lezionario delle Domeniche del Tempo ordinario.

Per informazioni e iscrizioni, scrivere a casamadonninapd@gmail.com.

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Invito rivolto ai cori delle parrocchie

Ogni anno “Gennaio alla Liturgia” si chiude con una Messa in Cattedrale alla quale sono invitati i partecipanti ai vari appuntamenti culturali, e in particolare i membri dei cori parrocchiali che nelle mattine dei quattro sabati di gennaio hanno frequentato gli stage di perfezionamento con i maestri Alessio Randon e Francesco Cavagna. Le voci che si accordano in armonia, la valorizzazione dei talenti, la melodiosa fraternità che si percepisce rendono la celebrazione commovente, esemplare.

Anche quest’anno i cori parrocchiali della nostra Diocesi potranno scegliere di seguire gratuitamente un percorso di formazione nei giorni 10, 17, 24, 31 gennaio 2026, dalle ore 9.00 alle 12.00, presso la chiesa padovana della Sacra Famiglia. Il maestro Cavagna li aiuterà a preparare l’Eucaristia che si celebrerà l’8 febbraio alle 11.30 in Cattedrale, senza essere troppo esigente nella scelta del repertorio, ma insegnando anche solo le accortezze che trasformano in arte l’esecuzione di un brano, ed educando così la voce, l’orecchio, il gusto, lo spirito. Sarà possibile affrontare con naturalezza le meraviglie del canto gregoriano – di cui la tradizione offre anche melodie semplici, pur nella forza e nobiltà di una simile forma musicale –, e intervallare i gioielli della Chiesa di sempre con canti di nuova composizione, o di appena qualche stagione fa, in cui palpita la verità della nostra fede. Un’opportunità per scoprire l’apporto che hanno dato alla musica sacra compositori come Lorenzo Perosi, Domenico Bartolucci, Luigi Picchi, Gianfranco Poma, Giuseppe Liberto, Alessio Randon e altri che ci hanno lasciato opere di qualità mirabile, dal carattere vividissimo, attualissimo. Capolavori grazie ai quali l’annuncio della salvezza può riuscire a toccare la sensibilità anche di chi è tentato di allontanarsi da Dio.

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Maggiore visibilità al battesimo

C’è stato un periodo non breve, fino a una ventina di anni fa, in cui i Battesimi venivano celebrati quasi solo nelle domeniche durante la Messa parrocchiale, per evidenziare la loro connessione teologica con l’Eucaristia, evocando l’unità dei tre sacramenti dell’Iniziazione cristiana (dove però la Cresima risultava sempre penalizzata), e sottolinearne la dimensione ecclesiale, per cui la persona che veniva unita al mistero pasquale del Signore Gesù era anche misticamente aggregata alla Chiesa, ne diventava membro. Oggi una simile prassi è in crisi, essendo diminuito considerevolmente il numero dei bambini da battezzare e cambiata la natura delle famiglie che li presentano, spesso prive di un rapporto stabile con la Chiesa, cosa che genera, nel rito, un grande imbarazzo, visto che padre e madre sono molto coinvolti anche fisicamente, attraverso gesti, dialoghi, risposte sollecitate dallo schema liturgico.

Per conservare la preziosa unità dei sacramenti dell’Iniziazione cristiana e dare una visibilità maggiore alla grazia battesimale, varrebbe la pena destinare il Tempo di Pasqua all’innesto dei Battesimi nell’Eucaristia domenicale, adottando invece nel resto dell’anno altre modalità. Una proposta innovativa potrebbe essere quella di celebrare il Battesimo nel tardo pomeriggio del sabato, sostituendo la catechesi ordinaria dei bambini con la loro partecipazione al rito. Ecco che l’ecclesialità si renderebbe percepibile con forza immediata, in modo più efficace che tramite le mediazioni razionalistiche, etiche e pedagogiche, e i bambini sarebbero la Chiesa che accoglie festante, con il canto e l’innocenza, la famiglia che presenta il proprio figlio perché entri a far parte del Corpo di Cristo.

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Restituire centralità simbolica al fonte battesimale

Nelle chiese di San Giuseppe e di San Paolo a Padova, sulla parete a sinistra, non c’è un semplice altare laterale con il fonte battesimale, ma è stata edificata una struttura ottagonale con un’apertura sul soffitto da cui scende la luce dall’alto sulla vasca. Erano gli anni ’50-’60, in cui si meditavano i testi di Romano Guardini con la loro profonda teologia dello spazio liturgico, e, pur nell’ostentato razionalismo delle forme e nell’estemporaneità dei materiali, la ianua Ecclesiæ, la “porta d’ingresso nella Chiesa”, c’era e si mostrava in tutta la sua potenza di luogo di illuminazione, di rinascita pasquale.

Mentre chiediamo al Signore di irrobustire nella nostra Diocesi i carismi battesimali, sarebbe importante riprendere coscienza del fatto che una chiesa parrocchiale ha un proprio fonte, troppo spesso destinato a rimanere ai margini. Prendersene cura significherebbe non solo mantenerlo pulito e accessibile, ma restituirgli una centralità simbolica, liberandolo da riviste, cartelloni, foto dei bambini battezzati (che possono trovare una collocazione più adeguata in un altro spazio) e mostrando che ciò che lo impreziosisce è la luce, che può essere anche artificiale: un faretto che in modo “epicletico”, nella penombra della chiesa, lo mette in evidenza. E poi occorrerebbe trovare il modo di iconizzarlo con una tela del Battista, o anche dei murales del battesimo del Signore al Giordano o di una discesa dello Spirito Santo sulle acque. Fuori dal Tempo di Pasqua, dovrebbe avere accanto il candelabro con il cero pasquale e lì vicino andrebbe posto un piccolo forziere, con una porticina incassata nel muro, dove collocare i santi olii.

Il fonte andrebbe usato sempre quando si celebra il rito del Battesimo dei bambini e in quell’occasione lo si potrebbe valorizzare aprendolo – se ha un ciborio di copertura – e illuminandolo, o cingendo il perimetro della vasca con una delicata ghirlanda di fiori che evochino il giardino pasquale dove passeggiava il Risorto nel chiarore dell’alba.

Anna Valerio

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Valorizzare il carisma battesimale

Nel corso dell’anno liturgico, ci sono alcuni momenti, come la festa del Battesimo del Signore o la domenica in albis (II di Pasqua), che risultano particolarmente adatti a meditare la grazia del Battesimo. In questi giorni, sarebbe importante valorizzare il rito dell’aspersione all’inizio della Messa, oppure invitare la comunità a rinnovare le promesse battesimali, sostituendo al Credo la formula interrogativa. Segni semplici, ma capaci di riaccendere la consapevolezza del dono ricevuto, ricordando che ogni Eucaristia è un ritorno alla sorgente del nostro essere cristiani.

La memoria Baptysmi, “memoria del Battesimo”, che prende il posto dell’atto penitenziale, è molto in uso nel Tempo di Quaresima, con l’intenzione di sottolineare la dimensione della purificazione, ma di per sé non avrebbe questa valenza. Il rito chiede piuttosto di fare memoria della partecipazione al mistero pasquale, per cui le domeniche più indicate per prevederlo sarebbero quelle del Tempo di Pasqua.

Un’occasione preziosa per valorizzare il carisma battesimale del popolo di Dio è la preparazione della Preghiera dei fedeli. I parroci potrebbero individuare qualcuno che si incarichi di scrivere le litanie o le preghiere e si senta libero di spaziare oltre le formule predefinite dell’Orazionale. L’unica accortezza è che tenga presente il tempo liturgico, il Vangelo del giorno, le urgenze del mondo contemporaneo, le giornate mondiali stabilite dal Santo Padre, e consideri in modo accorato le gioie e i dolori dei fratelli, le fatiche e le necessità del prossimo, la realtà concreta, fatta di siccità e inondazioni, calamità e crimini, speranze e sete di giustizia. Ricordare queste intenzioni e trasformarle nella voce del Chiesa che invoca “Ascoltaci, Signore” è un modo esemplare di esercitare il sacerdozio comune di tutti i battezzati.

Per il testo in alto: “Io saluto nel sangue di Gesù Cristo questa Chiesa, che è mia gioia eterna e indefettibile, soprattutto se sono uniti tutti i suoi membri con il vescovo, con i presbiteri e con i diaconi, scelti secondo il pensiero di Gesù Cristo, e da lui resi forti e saldi, secondo la sua volontà, mediante il suo Santo Spirito.” Sant’Ignazio di Antiochia

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Il cantare è di chi ama

Per chi canta in un coro parrocchiale o suona l’organo, per i seminaristi e i ministri ordinati – presbiteri e diaconi –, ma anche per chi ha il desiderio, da credente, di capire di più la grandezza dei Misteri che celebriamo, la Chiesa di Padova mette a disposizione una scuola dove poter frequentare corsi che consentono di acquisire tecniche musicali ai più vari livelli. È l’Istituto di canto e musica per la Liturgia “San Pio X”, sito nei locali della Parrocchia di Sant’Andrea, in centro a Padova.

Quest’anno le attività cominceranno sabato 4 ottobre, con l’open day della scuola, dalle ore 9 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 17.30. Sarà possibile assistere alle lezioni, incontrare i maestri e la dirigenza, dialogare con gli allievi, scoprire il programma previsto per il 2025/26 e le proposte di stage intensivi. L’offerta è molto varia, proprio per andare incontro alle diverse esigenze, competenze e sensibilità, con moduli didattici per i principianti assoluti come per chi cerca un’alta specializzazione. Si va dallo studio del pianoforte e dell’organo, con la possibilità di lezioni anche individuali, al solfeggio per coristi, alla lettura della partitura per direttori di coro, alla preziosa arte della cantillazione del Salmo, alla teoria e storia della musica (in particolare liturgica). Viene data un’attenzione speciale al canto per eccellenza della Chiesa, il Gregoriano, ma non mancano corsi per chi ha bisogno di acquisire una dimestichezza di base con il latino liturgico o con la teologia e la storia della Liturgia. Gli studenti che vogliono invece assumere un impegno più organico possono intraprendere un itinerario articolato in tre anni (con un eventuale quarto, se c’è bisogno di una preparazione propedeutica), che si chiude con un esame davanti a una commissione didattica e il conseguimento di un diploma.

Di grande attualità è il nuovo corso che viene proposto per i Lettori parrocchiali, ministero che merita di essere promosso e valorizzato, soprattutto pensando al rinnovamento della nostra Chiesa in base alle indicazioni del Sinodo diocesano, con un coinvolgimento forte dei laici nell’agire ecclesiale. Il numero 101 dei praenotanda del Messale raccomanda che coloro che salgono all’ambone “siano adatti a svolgere questo compito e ben preparati, […] affinché i fedeli maturino nel loro cuore, ascoltando le letture divine, un soave e vivo amore alla sacra Scrittura”.

È sempre il Messale a ricordare, con parole perentorie e ispirate, l’importanza della musica nella celebrazione eucaristica: “I fedeli che si radunano nell’attesa della venuta del loro Signore sono esortati […] a cantare insieme salmi, inni e cantici spirituali (Cf. Col 3,16). Infatti il canto è segno della gioia del cuore (Cf. At 2,46). Perciò dice molto bene sant’Agostino: «Il cantare è proprio di chi ama», e già dall’antichità si formò il detto: «Chi canta bene, prega due volte».” [n. 39]. Poco oltre si precisa: “Anche se non è sempre necessario, per esempio nelle Messe feriali, cantare tutti i testi che per loro natura sono destinati al canto, si deve comunque fare in modo che non manchi il canto dei ministri e del popolo nelle celebrazioni domenicali e nelle feste di precetto.” [n. 40]. Il motivo è delicatamente umano. Abbiamo bisogno della bellezza e dell’arte per far sì che le nostre celebrazioni siano un anticipo della beatitudine che ci è stata promessa, ma anche per annunciare il Vangelo ai fratelli lontani, che spesso vengono presi dalla meraviglia e da un presagio di infinito quando entrano come semplici turisti in una chiesa e sentono le note dell’organo, o un coro che intona un inno a Maria di Lorenzo Perosi o in gregoriano, oppure un cantore che cantilla con vera competenza un Salmo. Dal punto di vista etico, la musica è anche una splendida palestra di fraternità: cantare o suonare insieme permette di vivere un’esperienza importante di accordo e armonia.

L’anno scorso è uscito un saggio di matrice sociologica con un titolo che era una provocazione: “La Messa è sbiadita”. Evitando di cedere alla pigrizia e al disincanto, dovremmo porci come obiettivo quello di smentirlo. Se rendiamo le Eucaristie domenicali sempre più palpitanti di carità e luminose di bellezza artistica, esse manterranno tutto il loro colore.

Francesco Cavagna

Vicedirettore Istituto di canto e musica per la Liturgia “San Pio X”

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No a estremismi del ritualismo e creatività esasperata

“Tu sei la nostra speranza”. Il grido che conclude l’inno Te Deum è stato il filo rosso degli incontri culturali che hanno caratterizzato la settantacinquesima Settimana Liturgica nazionale, organizzata dal Centro di Azione Liturgica presieduto da S.E. Mons. Claudio Maniago. Più di cinquecento persone riunite a Napoli, in questo anno giubilare dedicato alla Speranza, immerse in una città dalle molte contraddizioni: bellezza e incuria, grandiosità e povertà, religiosità e devozionismo.

La Cattedrale, la Basilica di Capodimonte, le chiese di Santa Chiara e di San Felice a Cimitile sono stati i luoghi in cui la Settimana ha potuto vivere quella “formazione dalla Liturgia” auspicata da papa Francesco e richiamata più volte dai diversi relatori. In particolare, è stata significativa la sosta sulle fondamenta paleocristiane di Cimitile, dove i segni della fede che ha animato il popolo campano sembrano custodire la speranza di una rinnovata vitalità spirituale e rituale.

Elementi ricorrenti sono stati la necessità di evitare gli estremismi del ritualismo e della creatività esasperata, posto che il rito non è solo frutto dell’incontro con il nostro ambiente vitale, ma plasma e orienta lo spazio e il tempo all’adorazione di Dio. Se la Liturgia ha la pretesa di cambiare l’uomo, e non solo di intrattenerlo spiritualmente, essa diventa l’azione che imprime nella nostra vita una forma nuova: quella del Crocifisso e Risorto. L’auspicio è allora che le comunità possano riscoprire sempre più Cristo come «l’unica vera speranza che supera ogni umana attesa e rischiara gli infiniti secoli» (Prefazio della Messa rituale per il Giubileo) e scegliere di celebrarlo con tutta la luce che gli è propria.

Marino Angelocola

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Riscoprire la ricchezza della riconciliazione cristiana

La LII Settimana di Studio dell’Associazione Professori di Liturgia, dal titolo “Rito e riconciliazione”, è stata dedicata al Sacramento della Penitenza e alle diverse forme di riconciliazione cristiana nella loro relazione al contesto contemporaneo. Sono anni, infatti, che tale sacramento vive una crisi nelle comunità cristiane, nonostante i molteplici sforzi pastorali.

Il tema è stato affrontato da varie prospettive. L’apertura è stata affidata all’orizzonte filosofico: attraverso una rilettura delle opere di Jean Nabert, si è esplorata la consapevolezza che la coscienza acquisisce di sé quando ritorna sul male compiuto per comprenderlo e comprendersi (C. Canullo). Si è passati poi al confronto con i cammini di giustizia riparativa, in modo particolare alle ritualità in essi presenti (M. Serbo).

Alla prospettiva storica (medioevo, epoca moderna e contemporanea) è stata dedicata un’intera giornata, alla ricerca della ricostruzione della molteplicità delle prassi – anche oltre il sacramento stesso – che hanno abitato nel corso della storia il riconciliarsi nella tradizione cristiana (U. C. Cortoni, M. Al Kalak, E. Massimi). Non poteva mancare uno sguardo alle altre confessioni cristiane (D. H. Finatti, F. Santi Cucinotta). Infine gli affondi teologici sono stati affidati a K. Appel e A. Fumagalli. La relazione di chiusura è stata curata da Mons. Marco Busca, vescovo di Mantova, che ha raccolto i frutti del convegno aprendo alla necessità di un sistema penitenziale per il processo di riconciliazione del cristiano contemporaneo. La settimana inoltre è stata arricchita dalla presentazione del volume “tutto patavino” (Ripensare la penitenza, edd. R. Bischer, A. Toniolo) sulla III forma dell’Ordo Paenitentiae, frutto dei seminari di studio promossi dalle istituzioni teologiche venete. Ci si augura che le acquisizioni dei molteplici interventi possano realmente tradursi in prassi perché i fedeli cristiani abbiano modo di riscoprire la ricchezza della riconciliazione cristiana nelle sue molteplici forme.

Elena Massimi

Presidente Associazione Professori di Liturgia

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