Il gruppo liturgico
a cura dell’Ufficio diocesano per la Liturgia
L’esperienza dei gruppi parrocchiali per la Liturgia ha una storia significativa dal punto di vista ecclesiale. Appena dopo il Concilio Vaticano II, furono le primissime modalità di partecipazione dei fedeli alla vita parrocchiale. La riforma risultava così ‘copernicana’ che i presbiteri stessi sentivano necessario favorire la partecipazione attiva del popolo di Dio anche attraverso il coinvolgimento di più persone nella programmazione e preparazione delle celebrazioni. I gruppi liturgici hanno conosciuto una stagione davvero florida negli anni ‘70/’80, poi la loro energia è andata scemando.
Che cos’è un gruppo liturgico?
Il gruppo parrocchiale per la Liturgia è l’espressione pastorale, operativa, dell’idea di Liturgia che il Vaticano II ci affida. Essa viene descritta, al n. 7 della costituzione Sacrosanctum Concilium, come un’“azione di Cristo” che si manifesta attraverso la molteplicità dei ministeri liturgici e la varietà dei segni. Dall’ambone al salmo, dal presbitero agli accoliti, dal diacono al coro, ai musicisti, al commentatore, a chi raccoglie le offerte e a tutte le altre figure ausiliarie, questo articolato operare ha bisogno di una regia e di scelte pastorali sostenute da un robusto pensiero ‘teologico’.
Chi dovrebbe farne parte?
Il parroco, il viceparroco, gli altri presbiteri e i consacrati della parrocchia, il diacono, il lettore, l’accolito e il catechista istituiti, alcuni rappresentanti delle cinque tipologie dei ministeri battesimali (annuncio-catechesi, spiritualità-liturgia, carità, gestione economica, coordinamento pastorale), uno o due tra i ministri straordinari della Comunione, un membro del gruppo catechisti, uno dei lettori parrocchiali, uno dei ministranti (posto che non ci siano solo chierichetti bambini, ma anche qualche giovane), il maestro del coro e almeno un musicista (per esempio l’organista), i sacristi, uno tra gli addetti alla pulizia della chiesa, alla cura dei fiori e dell’arredo.
Che cadenza dare agli incontri?
Non è necessario che siano tanto frequenti. Si potrebbe programmarne uno prima dell’Avvento e del Tempo di Natale; uno prima della Quaresima e del Tempo di Pasqua; e quattro nel Tempo ordinario, due dopo Natale e due dopo Pentecoste.
Qual è il compito del gruppo liturgico?
Dare indicazioni che possano illuminare chi agisce nel rito.
Curare anzitutto la celebrazione dell’Eucaristia, senza dimenticare i Battesimi dei bambini e degli adulti catecumeni, le Esequie, le Nozze, altre celebrazioni straordinarie e la Liturgia delle Ore. Sarebbe bello se si riuscisse a recuperare almeno il canto dei Vespri della domenica, raccomandato dal Concilio Vaticano II.
Quali sono i suoi strumenti di lavoro?
Dal punto di vista pratico-operativo, gli strumenti più preziosi per la preparazione delle celebrazioni sono i libri liturgici. Un obiettivo immediato è acquisire familiarità con essi. Gli incontri del primo anno potrebbero essere dedicati appunto alla conoscenza dei libri liturgici e del progetto che la Chiesa ha rispetto all’Eucaristia e alle altre celebrazioni.
L’Ordinamento generale del Messale romano merita di essere letto accuratamente. Il capitolo I è dedicato al dogma e dice cos’è l’Eucaristia. Il capitolo II individua la sua struttura e le ‘parti’ in cui si divide. Il capitolo III precisa quali sono i ministeri liturgici e i compiti del popolo di Dio, facendo capire in che modo e con quale atteggiamento realizzare una sinergia tra le varie forme di servizio. Il capitolo IV descrive le modalità di celebrazione della Messa, i gesti e le azioni da compiere e i compiti di presbitero, diacono, lettore, accolito. Il capitolo V è dedicato allo spazio: altare, suppellettili, ambone, sede, fonte battesimale, il posto dei fedeli, della schola cantorum, la custodia eucaristica, le immagini sacre… Il capitolo VI si concentra sulle suppellettili: pane, vino, vasi sacri, vesti liturgiche, fiori…
Andrebbero studiate con cura le pp. 52-54, con le precisazioni della CEI sulle peculiarità delle celebrazioni in Italia, dove trovano risposte chiare alcune grandi questioni dibattute (per cui spesso ci si rivolge agli Uffici per la Liturgia): quando ci si inginocchia, quando si sta in piedi, come fare la scelta dei canti, e molte altre, passando in rassegna la modalità con cui si deve celebrare la professione di fede, la preghiera universale, la presentazione dei doni, il segno di pace, la preghiera del Signore, la frazione del Pane, la Comunione sotto le due Specie…
È opportuno dedicare una lettura attenta anche alle premesse dei vari Rituali e della Liturgia delle Ore.
Chi guida il gruppo liturgico?
Il parroco, almeno negli appuntamenti annuali intorno ai grandi Tempi. Questi potrebbe poi delegare un lettore o un accolito istituiti, o il diacono (se c’è), a presiedere le altre riunioni.
Come si situa il gruppo liturgico nella dimensione ecclesiale?
Esso agisce sulla base di scelte di fondo sulla Liturgia fatte dal consiglio pastorale, entro il quale è bene figuri almeno un suo membro. Ha un temperamento ministeriale/artistico, mentre quello del consiglio pastorale è ecclesiale/comunionale. Scendendo nel concreto: non sarà compito del gruppo liturgico decidere gli orari delle celebrazioni del Triduo pasquale, ma curare, per esempio, che il prodigio del salmo responsoriale venga affidato a un cantore-artista.
Quali sono i primi passi da compiere?
Proporre a qualcuno di coloro che abitualmente operano nelle celebrazioni (o sono desiderosi di farlo) di frequentare un corso sulla Liturgia e alcuni degli appuntamenti formativi che l’Ufficio diocesano propone.
Permettere almeno a un membro del coro (o al maestro stesso, o all’organista) di seguire i corsi dell’Istituto diocesano di canto e musica per la Liturgia.
Investire per qualificare le persone è sempre una scelta di lungimiranza, che genera processi virtuosi dai quali possiamo attenderci frutti notevoli a lungo termine.
Bisognerebbe poi che si mettesse mano subito al primo linguaggio ‘epifanico’, che è l’edificio e il suo spazio santo. Due sono i livelli dell’organizzazione di esso: uno teologico, il più alto, che riguarda l’adeguamento liturgico; l’altro che ha a che fare con le suppellettili e l’estetica legata alle diverse occasioni. Il criterio generale, qui, è togliere. Le nostre chiese hanno bisogno di una sapiente sobrietà, quasi un ritorno al Romanico, della “nobile semplicità” di cui parla il Vaticano II.
L’Ufficio per la Liturgia è sempre a disposizione per rispondere a eventuali dubbi e per offrire il massimo supporto.